Se il costruttore/venditore si riserva di redigere il regolamento di condominio successivamente alla vendita delle unità immobiliari?
In tema di condominio negli edifici è nulla la clausola contenuta negli atti d’acquisto con la quale il costruttore di un edificio, all’atto della cessione della prima unità immobiliare – ed anche delle successive – si riserva di redigere in futuro il regolamento condominiale.
Ne consegue che il regolamento redatto in seguito alla stipula deve considerarsi inefficace e le eventuali riserve di proprietà in capo al costruttore (o ad altri soggetti) di singole parti che normalmente dovrebbero considerarsi comuni sono inopponibili agli acquirenti.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8606/14, depositata in cancelleria lo scorso 11 aprile, è tornata sull’argomento del regolamento condominiale da redigersi e lo ha fatto in conformità ai propri precedenti orientamenti. La pronuncia in esame merita particolare attenzione proprio perché con essa si sancisce che la riserva di proprietà di parti dell’edificio, le quali normalmente sono ritenute comuni, dev’essere fatta chiaramente al momento della cessione della prima unità immobiliare, non potendosi intervenire successivamente sull’argomento.
(Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 8606/14; depositata l’11 aprile)
Per gravi vizi integranti pericolo di rovina, a chi può rivolgersi l’acquirente?
L’azione per i danni da vizi integranti pericolo di rovina dell’immobile può essere esercitata non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’ acquirente contro il venditore che ha costruito l’immobile.
“l’azione per i danni da infiltrazioni d’acqua integranti pericolo di rovina dell’immobile può essere esercitata non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’ acquirente contro il venditore che ha costruito l’ immobile, allorché lo stesso venditore abbia assunto, nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti, una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell’opera, e sempre, che si tratti di gravi difetti, i quali, al di fuori dell‘ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell’edificio, pregiudichino o menomino in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l‘abitabilità del medesimo”.
Con tale sentenza la Cassazione, ha riconosciuto responsabile il venditore per i vizi dell’opera, attribuendo al compratore più protezione nei rapporti di scambio dei beni.
(Corte di Cassazione, Sez VI civile, sentenza 15 novembre 2013 n. 25767)
Quali spese condominiali spetteranno al nuovo acquirente subentrante?
La Corte di Cassazione che, con sentenza 10235/13 distingue tra le obbligazioni “propter rem” ovvero quelle decise dall’amministratore in quanto necessarie e quelle “volontarie”, approvate dall’assemblea, ricorda che le obbligazioni dei condomini nei confronti di terzi e del condominio sono da considerare obbligazioni “propter rem”, cioè a dire sono collegate all’essere proprietari del bene. Afferma che dalle predette considerazioni deriva che, in caso di manutenzione e spese approvate, in via di consuntivo o ratifica dell’operato dell’amministratore, devono essere annoverate tra le obbligazioni “propter rem” (la delibera, in questo caso, ha natura meramente dichiarativa); l’obbligazione sorge immediatamente quando la necessità manutentiva si manifesta; e l’assemblea condominiale non fa altro che rendere concreto l’obbligo che è già sorto in precedenza e che rimane a carico di chi era condomino al tempo in cui l’opera manutentiva si è resa necessaria. Invece, le delibere relative alle innovazioni, stante il loro carattere preventivo e volontario, hanno natura costitutiva, per cui l’obbligazione sorge al momento dell’approvazione della spesa.
(Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 10235/13; depositata il 2 maggio)
Le spese condominiali straordinarie deliberate in assemblea prima del rogito a chi spettano?
In caso di vendita di una unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione, ristrutturazione o innovazioni sulle parti comuni, qualora venditore e compratore non si siano diversamente accordati in ordine alla ripartizione delle relative spese, è tenuto a sopportarne i costi chi era proprietario dell’immobile al momento della delibera assembleare che abbia disposto l’esecuzione dei detti interventi, avendo tale delibera valore costitutivo della relativa obbligazione; di conseguenza, ove le spese in questione siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione del contratto di vendita, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che le opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente, e l’acquirente ha diritto di rivalersi, nei confronti del medesimo, di quanto pagato al condominio per tali spese, in forza del principio di solidarietà passiva di cui all’art. 63 disp. att. cod. civ.
(Corte di Cassazione, sez. II civile , sentenza 10 aprile 2013 n. 8782)
Se viene risolto il contratto preliminare di vendita per parziale inadempimento del promissario acquirente, quest’ultimo sarà obbligato al risarcimento dei danni?
Il contratto preliminare di compravendita immobiliare deve essere risolto qualora risulti dimostrato l’inadempimento del promissario acquirente per mancato versamento dei pagamenti contrattualmente previsti, ma va escluso il risarcimento del danno avanzato nei confronti di quest’ultimo qualora la domanda sia fondata sul possesso del bene che, in pratica, è rimasto sempre nella disponibilità del promittente venditore. la Corte di Cassazione quindi ha escluso che, nella fattispecie in esame, i danni richiesti dal promittente venditore possano essere considerati conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento contrattuale della controparte, ai sensi dell’art. 1223, c.c., in quanto tali danni trovano giustificazione non nell’inadempimento del promissario acquirente e nella conseguente risoluzione del contratto, bensì nel possesso del bene, che, si ripete, è sempre rimasto nella disponibilità del venditore.
In sostanza il contratto preliminare di compravendita deve essere risolto qualora risulti dimostrato l’inadempimento del promissario acquirente per mancato versamento dei pagamenti contrattualmente previsti, ma va escluso il risarcimento del danno avanzato nei confronti di quest’ultimo qualora la domanda sia fondata sul possesso del bene che, in pratica, è rimasto sempre nella disponibilità del promittente venditore.
(Corte di Cassazione Civile, Sez. II, Sentenza 19.09.2013, n. 21438)
La proposta di acquisto è vincolante?
No, con la proposta d’acquisto infatti, sebbene essa sia irrevocabile, non emerge necessariamente l’obbligo di acquistare l’immobile. La fattispecie si concretizza allorquando le parti, in procinto di porre in essere un negozio giuridico, quale quello della compravendita, si trovano nella fase antecedente la stipula del preliminare, e, il futuro acquirente formalizza la propria offerta d’acquisto, limitandosi a offrire l’importo del caso, senza alcuna consegna di denaro.
Nella sentenza richiamata, la Suprema Corte rammenta il collegamento esistente tra il contratto preliminare ed il contratto definitivo, collegamento che permette alla parte promissaria di avvalersi della tutela offerta dall’art. 2932 c.c. in base al quale: “Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l’altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso”. Secondo la Corte di Cassazione “obbligarsi ad obbligarsi” risulterebbe, quindi, privo di senso e, di conseguenza, privo di tutela giuridica.
(Corte di Cassazione Civile, Sez. II, 2.4.09, n. 8038)
Il mancato rilascio del certificato di agibilità può essere considerato danno emergente per l’acquirente?
Il venditore-costruttore di un bene immobile ha l’obbligo non solo di trasferire all’acquirente un fabbricato conforme all’atto amministrativo d’assenso della costruzione e, dunque, idoneo ad ottenere l’agibilità prevista, ma anche di consegnargli il relativo certificato, curandone la richiesta e sostenendo le spese necessarie al rilascio.
L’inadempimento di quest’ultima obbligazione è ex se foriero di danno emergente, perché costringe l’acquirente a provvedere in proprio ovvero a ritenere l’immobile tal quale, cioè con un valore di scambio inferiore a quello che esso diversamente avrebbe, a prescindere dalla circostanza che il bene sia alienato o comunque destinato all’alienazione a terzi.
(Corte di Cassazione civile , sez. II, sentenza 11.10.2013 n° 23157)
L’inadempimento del contratto preliminare: quale tutela è prevista per il promissario acquirente?
‘’il destinatario di una promessa di vendita, ove la cosa sia gravata da vincoli reali della cui esistenza egli non sia stato edotto, può senz’altro esercitare, in luogo dell’azione di risoluzione del contratto per inadempimento, quella di esecuzione in forma specifica dell’obbligazione assunta dall’altra parte, ai sensi dell’art. 2932 c.c., nonché contestualmente la quanti minoris, in ragione della corrispondente diminuzione di valore del bene, oltre a richiedere il risarcimento dei danni’’
Così si è da poco espressa la Corte di Cassazione sul tema dell’inadempimento del contratto preliminare di vendita immobiliare, garantendo una robusta tutela per il promissario acquirente, il quale dispone di un’azione ‘’allargata’’ di esatto adempimento.
(Corte di Cassazione civile, sez. II, sentenza, n. 14988 del 7 settembre del 2012)
Chi sarà tenuto a pagare le spese condominiali non pagate dal venditore?
L’amministratore del condominio può ottenere un decreto ingiuntivo per il pagamento delle spese condominiali (ex art. 63 disp. att. c.c.) solo contro il nuovo proprietario e non verso il venditore dell’immobile, sarà, poi, l’acquirente del locale che potrà agire in regresso contro il venditore.
Occorre ricordare che, secondo la costante giurisprudenza la responsabilità solidale dell’acquirente per il pagamento dei contributi dovuti al condominio dal venditore è limitata al biennio precedente all’acquisto, trovando applicazione l’art. 63, secondo comma. Sulla scorta di questo presupposto si è formata la tendenza a presumere che, in tema di condominio, una volta perfezionatosi il trasferimento della proprietà di un’unità immobiliare, l’alienante perde la qualità di condomino e non è più legittimato a partecipare alle assemblee, potendo far valere le proprie ragioni sul pagamento dei contributi dell’anno in corso o del precedente, solo attraverso l’acquirente che gli è subentrato, con la conseguenza che non può essere chiesto ed emesso nei suoi confronti decreto ingiuntivo ai sensi dell’articolo 63 disp. att. c.c. per la riscossione dei contributi condominiali, atteso che la predetta norma di legge può trovare applicazione soltanto nei confronti dì coloro che siano condomini al momento della proposizione del ricorso monitorio.
(Corte di Cassazione, civ. sez. VI, sentenza n. 12841 del 23 luglio 2012)
Come si dovrà considerare un contratto preliminare avente ad oggetto un immobile viziato da irregolarità urbanistiche?
Nullo, per contrarietà alla legge. Dall’art. 40, comma 2, della l. n. 47 del 1985, è desumibile il principio generale della nullità, di carattere sostanziale, degli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica, cui si aggiunte una nullità, di carattere formale, per gli atti di trasferimento di immobili in regola con la normativa urbanistica o per i quali è in corso la regolarizzazione, ove tali circostanze non risultino dagli atti stessi. Il fatto che l’art. 40, secondo comma, cit., faccia riferimento agli atti di trasferimento, cioè agli atti che hanno una efficacia reale immediata, mentre il contratto preliminare di cui si discute abbia efficacia semplicemente obbligatoria non elimina dal punto di vista logico che non può essere valido il contratto preliminare il quale abbia ad oggetto la stipulazione di un contratto nullo per contrarietà alla legge.
(Corte di Cassazione, sez. II civile – sentenza del 17 ottobre 2013, n.23591)
Come si potrà agire in caso di gravi vizi e difetti dell’immobile dovuti al mal operato dell’appaltatore?
Qualora sia convenuto il venditore con l’azione di responsabilità prevista dall’art. 1669 cc, il giudice del merito non può limitarsi a verificare se l’opera sia stata direttamente realizzata dal convenuto medesimo, impresa costruttrice committente e venditore dello stabile condominiale ma, anche quando nell’esecuzione dell’opera siano intervenuti altri soggetti, l’appaltatore, deve accertare se la costruzione sia ugualmente a lui riferibile per avere egli mantenuto il potere di direttiva ovvero di controllo sull’operato di altri soggetti.
In materia di condominio quindi, in caso di gravi vizi e difetti nella realizzazione dell’immobile condominiale, la relativa azione di responsabilità avendo natura extracontrattuale e, trascendendo il rapporto negoziale (appalto o vendita) in base al quale l’immobile è pervenuto nella sfera di un soggetto diverso dal costruttore, può essere esercitata nei confronti di quest’ultimo, quando abbia veste di venditore, anche da parte degli acquirenti, i quali in tema di gravi difetti dell’opera possono fruire dei termini decennale di prescrizione ed annuale di decadenza.
(Corte di Cassazione, sez. II civile , Sentenza 8 maggio 2013, n. 10893)
Se acquisto un immobile gravato da oneri o da diritti di godimento di terzi?
In tema di vendita di cosa gravata da oneri o diritti reali o personali di godimento a favore di terzi, l’apparenza degli oneri e dei diritti è equiparata, ai fini dell’esclusione della responsabilità del venditore, alla loro conoscenza effettiva da parte dell’acquirente, con la conseguenza che, ove il peso gravante sul fondo acquistato sia una servitù, è sufficiente ad escludere la garanzia ex art. 1489 c.c. che la servitù sia apparente.
La responsabilità del venditore quindi, ai sensi dell’art. 1489 c.c., è esclusa tanto nel caso in cui il compratore abbia avuto effettiva conoscenza del peso gravante sulla cosa, presumendosi che egli l’abbia accettata con tale peso, quanto nel caso in cui si tratti di oneri e diritti apparenti, che risultino cioè da opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio, perché il compratore, avendo la possibilità di esaminare la cosa prima dell’acquisto, ove abbia ignorato ciò che poteva ben conoscere in quanto esteriormente visibile, deve subire le conseguenze della propria negligenza, secondo il criterio di autoresponsabilità.
(Corte di Cassazione, sez. II civile – Sentenza 8 aprile 2013, n.8500)
L’omissione e la reticenza del venditore possono sempre determinare l’annullamento del contratto di compravendita immobiliare?
Corrisponde al vero affermare che il dolo omissivo può essere causa di annullamento del contratto ma, lo è soltanto quando l’inerzia di uno dei contraenti si inserisca in un complesso comportamento, adeguatamente preordinato con malizia o astuzia a realizzare l’inganno a danno dell’altro contraente.
Nel caso di specie la Suprema Corte ritiene che si possa parlare di dolo omissivo soltanto nella misura in cui si inseriscano complessi meccanismi unicamente volti a provocare l’errore di uno dei contraenti e a realizzare l’inganno. La conclusione della Suprema Corte si fonda sulla considerazione, condivisa dalla giurisprudenza prevalente (fra tutti, Cass. Civ. 12 febbraio 2003, n. 2104; Cass. Civ., 11 ottobre 1994, n. 8295 e Cass. Civ, 18 ottobre 1991, n. 11038), secondo la quale, il silenzio e la reticenza non presentano, di per sé, alcuna attitudine ingannatoria, giacché essi si limitano a non contrastare la percezione della realtà, alla quale sia pervenuto il contraente. Essi diventano, invece, causa di annullamento del contratto qualora, uniti alle circostanze e al contegno del decipiens, inducano in errore il deceptus, alterando la sua rappresentazione della realtà.
(Corte di Cassazione, sez. II civile, sentenza 20.04.2006 n° 9253)
Nella compravendita immobiliare l’atto scritto rappresenta l’unica manifestazione di volontà delle part?
Con una recentissima pronuncia la Corte di Cassazione si esprime sulla questione riguardante il rapporto tra volontà delle parti ed atto scritto ad substantiam nell’ambito dei trasferimento di beni immobili. Il principio sul quale questa fonda la propria decisione è che per i contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà immobiliare è sempre richiesta la forma scritta ad substantiam affinchè l’atto scritto costituisca lo strumento necessario ed insostituibile per la valida manifestazione della volontà produttiva degli effetti del negozio: pertanto, la manifestazione scritta della volontà di uno dei contraenti – la quale concorre alla formazione del negozio con efficacia pari alla volontà dell’altro – non può essere sostituita da una dichiarazione confessoria dell’altra parte, la quale non può essere utilizzata come elemento integrante il contratto.
(Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 19488/14; depositata il 16 settembre)
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