Con quale quorum deliberativo deve essere approvata la ripartizione delle spese di ricostruzione e manutenzione dell’ascensore che ponga le stesse a carico anche del proprietario dell’immobile sito al pianterreno?

Sul punto si è espressa la Corte si Cassazione con la sentenza . 8823 depositata il 30 aprile 2015, richiamando il consolidato principio secondo il quale il dettato normativo di cui all’art. 1224 c.c., avente ad oggetto le spese per la ricostruzione e manutenzione delle scale è applicabile per analogia anche alle spese per l’ascensore. La disciplina di cui all’art. 1123 c.c. relativa alla ripartizione delle spese legali – con particolare riferimento alla parte in cui viene indicato il criterio legale di ripartizione delle spese inerenti le parti comuni volte a servire i condomini in misura diversa – non può che essere derogato con l’unanimità dei voti.

Pertanto per l’approvazione una tabella millesimale che, contravvenendo ai criteri legali di ripartizione delle spese, ponga a carico anche del proprietario dell’immobile sito al pianterreno le spese di ricostruzione e manutenzione dell’ascensore, è necessario il voto unanime dei condomini.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 8823/15; depositata il 30 aprile.

 

Se un condomino ha un impianto fognario indipendente è tenuto a contribuire alle spese per il mantenimento dell’impianto fognario comune?

Sul punto si è pronunciata affermativamente la Corte di Cassazione con sentenza n. 13415 depositata in cancelleria il 30 giugno 2015 in cui si rileva che manufatti quali le fognature vengono annoverati tra le parti comuni dell’edificio di cui all’art. 1117 comma 3 c.c., per le quali, come stabilito dall’art. 1123 comma 3 c.c., la ripartizione delle spese verrà effettuata in misura proporzionale al valore (millesimale) delle singole proprietà. Le spese per il mantenimento e la conservazione dell’impianto fognario non rientrano infatti tra quelle contemplate dai commi 2 e 3 dell’art. 1123 c.c., afferenti le cose comuni suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, oppure al godimento di alcuni condomini e non di altri.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 maggio – 30 giugno 2015, n. 13415.

 

Qual è il criterio per l’individuazione delle spese a carico dell’usufruttuario e quelle a carico del nudo proprietario?

Sul punto si è espressa la Suprema Corte con la sentenza n. 22703 depositata il 6 novembre 2015, in cui, richiamato il contenuto degli artt. 1004, 1105 e 1006 c.c., in cui si afferma che sono a carico dell’usufruttuario le spese e gli oneri di custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa, mentre sono a carico del nudo proprietario le riparazioni straordinarie
necessarie per assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta, senza che però tale elencazione possa essere considerata tassativa ed esaustiva, con possibilità, comunque, per l’usufruttuario di effettuare egli stesso queste ultime opere a proprie spese quando quest’ultimo, previo interpello abbia omesso di eseguirle senza giustificato motivo, con diritto ad ottenere il rimborso delle spese effettuate al termine dell’usufrutto e senza interessi.
Rileva la Corte che, in linea di principio, la nozione di “manutenzione” non si identifica con quella di “riparazione” termine con cui si designa l’opera che rimedia ad un’alterazione già verificatasi nello stato delle cose in conseguenza dell’uso o per cause naturali, e per “manutenzione” l’opera che previene l’alterazione. Tuttavia dal coordinamento delle menzionate disposizioni di legge emerge come il legislatore ha operato una commistione di tali termini, infatti l’art. 1004 c.c., onera al primo comma l’usufruttuario della “manutenzione ordinaria”, ed al secondo comma delle “riparazioni straordinarie” rese necessarie dall’inadempimento degli obblighi di “ordinaria manutenzione”.

In definitiva, ciò che rileva, ai fini della distinzione tra gli interventi gravanti a carico dell’usufruttuario e del nudo proprietario, non è la maggiore o minore attualità del danno da riparare, ma l’essenza e la natura dell’opera, quindi il suo carattere di ordinarietà o straordinarietà, in quanto spetta all’usufruttuario l’uso e il godimento della cosa, salva rerum substantia, si deve a lui lasciare la responsabilità e l’onere di provvedere a tutto ciò che riguarda la conservazione e il godimento della cosa nella sua sostanza materiale e nella sua attitudine produttiva; si devono, invece, riservare al nudo proprietario le opere che incidono sulla struttura, la sostanza e la destinazione della cosa, perché riguardano la nuda proprietà .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 30 settembre – 6 novembre 2015, n.22703

 

Come si ripartiscono le spese per la manutenzione della terrazza a livello ad uso esclusivo?

Sul punto ha preso posizione la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14196 del 27 giugno 2011, la quale ha affermato che le spese relative al rifacimento ed all’impermeabilizzazione della terrazza a livello ad uso esclusivo si ripartiscono adottando i criteri dettati dall’art. 1126 c.c., relativi alla ripartizione delle spese del lastrico solare, quindi nella misura di un terzo a carico del proprietario esclusivo della terrazza a livello e per i restanti due terzi a carico dei proprietari degli appartamenti sottostanti. Tale criterio viene altresì seguito, in caso di acclarata responsabilità, dovuta a difetto di manutenzione, per danni da infiltrazioni provenienti dalla terrazza; quindi i danni dovranno essere risarciti nella misura dei due terzi dai proprietari degli appartamenti sottostanti la terrazza, e nella misura di n terzo dal proprietario esclusivo della terrazza stessa.

 

Chi tra acquirente e venditore di un appartamento sito in uno stabile condominiale paga le spese di manutenzione straordinaria approvate prima del rogito notarile ed eseguite dopo lo stesso?

Sul punto si è pronunciato il Tribunale di Mantova con sentenza del 5 gennaio 2016 in cui viene affermato il principio secondo il quale, in caso di vendita di un’unità immobiliare in condominio in cui siano stati deliberati lavori di manutenzione straordinaria, ristrutturazioni o innovazioni su parti comuni, in mancanza di un accordo sul punto tra venditore ed acquirente, i costi di tali lavori verranno sopportati da chi era proprietario dell’immobile al momento della delibera assembleare che ha disposto l’esecuzione di detti interventi.

Tale delibera ha infatti valore costitutivo della relativa obbligazione e, ove le spese in questione siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione del contratto di compravendita, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che le opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente, con il diritto dell’acquirente a rivalersi nei confronti del venditore di quanto pagato al condominio per tali spese.

Specifica però il Tribunale virgiliano che l’unica delibera giuridicamente rilevante al fine di individuare il soggetto tenuto all’adempimento dell’obbligazione pecuniaria è quella in cui gli interventi straordinari sono effettivamente approvati in via definitiva, con la previsione della commissione del relativo appalto e l’individuazione dell’inerente piano di riparto dei corrispondenti oneri.

Nel caso deciso con la sentenza oggetto del presente commento, infatti, vi era stata una precedente delibera assembleare, meramente preparatoria  e non propriamente impegnativa per il Condominio –precedente al passaggio di proprietà dell’immobile – che non assumeva carattere vincolante e definitivo per i predetti interventi; tale delibera aveva infatti carattere meramente programmatico e nella stessa si faceva solamente riferimento alla approvazione dei preventivi senza che vi fosse alcuna indicazione del nome della ditta appaltatrice, del costo dell’intervento e degli oneri che in concreto sarebbero derivati ai condomini. Il carattere meramente programmatico, e quindi non vincolante della prima delibera era desumibile anche da elementi estrinseci, in particolare il fatto alla stessa fosse seguita una seconda delibera sull’esecuzione dei lavori – successiva al passaggio di proprietà dell’immobile – che non avrebbe avuto ragion d’essere se tali interventi fossero già stati deliberati, ed inoltre il fatto che  l’amministratore abbia, sempre in un momento successivo, trasmesso ai condomini il piano di riparto di dette spese.

Nel caso in esame, infatti il Giudice ha ritenuto gravare sull’acquirente le spese di manutenzione straordinaria dello stabile condominiale.

Tribunale di Mantova, 5 gennaio 2016.

 

Il coniuge separato non assegnatario della casa coniugale può considerarsi esonerato dal pagamento delle spese condominiali necessarie per la conservazione dell’alloggio in comproprietà?

Sul punto si è espressa negativamente la Corte di Cassazione, sez. I, con sentenza 2195 del 4 febbraio 2016 respingendo un ricorso presentato avverso una sentenza del Tribunale di Foggia che, in riforma di una pronuncia del Giudice di Pace aveva condannato un coniuge separato, non assegnatario della casa coniugale, con condizioni di separazioni che prevedevano il solo pagamento delle spese condominiali straordinarie, al pagamento anche delle spese condominiali ordinarie caratterizzate dal requisito della necessarietà per la conservazione dell’appartamento in comproprietà.

Il Tribunale di Foggia, infatti, aveva correttamente, a detta della Corte, applicato il principio sancito dall’art. 1110 c.c. in tema di comunione secondo il quale incombe su tutti i comunisti l’obbligo di partecipare alle spese relative alle parti comuni di un bene, in quanto appartenenti alla comunione ed in funzione delle utilità che la cosa comune deve a ciascuno di essi garantire, con la conseguenza che il diritto al rimborso pro quota delle spese necessarie per consentire l’utilizzazione del bene comune secondo la sua destinazione spetta al partecipante alla comunione che le abbia anticipate ai sensi dell’art. 1110 c.c., da ritenersi applicabile non solo con riferimento alle spese necessarie per la conservazione, ma anche per quelle necessarie affinché la cosa possa mantenere la propria capacità a fornire utilità secondo la propria peculiare destinazione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza n. 2195/16; depositata il 4 febbraio.

 

Nella tenuta della contabilità del condominio l’amministratore deve rispettare gli stessi criteri previsti dal libro V del codice civile in materia di contabilità delle imprese?

A tale quesito ha fornito una risposta negativa la seconda sezione della corte di Cassazione con sentenza n. 8877 del 28 aprile 2005 in cui, confermando quanto affermato dalla Corte d’Appello di Milano, esponeva il principio secondo il quale l’amministratore del condominio, nella tenuta della contabilità e nella redazione del bilancio, non è tenuto al rispetto rigoroso delle regole formali previste per la contabilità delle imprese, essendo invece sufficiente che egli si attenga a principi di ordine e di correttezza e che, nel redigere il bilancio, rediga un documento chiaro e comprensibile, con corretta indicazione delle voci dell’attivo e del passivo, che siano corrispondenti e congrue rispetto alla documentazione relativa entrate ed alle uscite condominiali.

 

Quale maggioranza è necessaria per approvare la modifica della tabella relativa alle spese di manutenzione dell’ascensore?

Sul punto si è pronunciato il Tribunale di Aosta con sentenza del 22 marzo 2016 affermando la necessità di distinzione tra ascensori realizzati contestualmente alla costruzione dello stabile condominiale ed ascensori installati successivamente.

L’ascensore realizzato originariamente è infatti proprietà di tutti i condomini, anche di quelli che risiedono al piano terra, mentre quello realizzato successivamente appartiene unicamente ai condomini che hanno contribuito alle spese per la sua costruzione, con la possibilità per gli altri condomini di parteciparvi anche in un momento successivo, previo contributo alle spese di fabbricazione.

La Corte di Cassazione con pronuncia n. 20902 dell’8 ottobre 2010 aveva equiparato la realizzazione di un ascensore in un edificio originariamente sprovvisto ad un’innovazione ex art. 1120 c.c., con la necessità di approvazione dell’assemblea a maggioranza qualificata, precisando come l’ascensore sia suscettibile di utilizzazione separata, fatto salvo il diritto degli altri condomini che non avevano contribuito alla realizzazione a fruirne in un secondo tempo.

L’ascensore realizzato originariamente nell’edifico condominiale è invece di proprietà di tutti i condomini ai sensi e per gli effetti dell’art. 1117 c.c.  e le spese di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, vanno ripartite ai sensi dell’art. 1124 c.c., quindi per metà sulla base dei millesimi di proprietà e per la restante metà in proporzione all’altezza di ciascun piano dal suolo.

Per modificare i criteri legali di ripartizione delle spese è necessaria l’approvazione all’unanimità da parte dei condomini, dal momento che eventuali deroghe a tali criteri, venendo ad incidere sui diritti individuali di ciascun condomino, possono derivare unicamente da accordi convenzionali a cui ciascun condomino prenda parte.

Deve conseguentemente essere considerata nulla la delibera assembleare assunta a maggioranza che approvi una tabella per la ripartizione delle spese di manutenzione di un ascensore originariamente realizzato in deroga ai criteri  legali di ripartizione delle spese.

 

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