E’ valida la clausola contenuta nel rogito notarile di compravendita immobiliare in cui il costruttore si riserva la redazione di un regolamento condominiale che diverrà vincolante per l’acquirente?

La seconda Sezione della Corte di Cassazione fornisce una risposta negativa a tale quesito, affermando la nullità ex art. 1346 c.c. per indeterminatezza dell’oggetto della clausola che consentiva l’adozione del regolamento, poi predisposto successivamente dal costruttore. Deve essere infatti considerato applicabile l’orientamento giurisprudenziale seguito a più riprese dalla Suprema Corte secondo il quale il regolamento di condominio, predisposto dall’originario unico proprietario dell’edificio, è vincolante purché richiamato ed approvato nei singoli atti di acquisto sì da far parte per relationem del loro contenuto, solo per coloro che successivamente acquistino le singole unità immobiliari, ma non per chi abbia  acquistato le unità immobiliari prima della predisposizione del regolamento stesso, ancorché nell’atto di acquisto sia posto a loro carico l’obbligo di rispettare il regolamento da “redigersi” in futuro. Mancherebbe infatti uno schema definito, suscettibile di essere compreso per comune volontà delle parti nell’oggetto di negozio e costituendo tra l’altro una pattuizione di questo tipo un titolo idoneo per il costruttore a disporre riserva di proprietà su alcune parti dell’edificio.

(Cass. Civ. Sez. II, 11 aprile 2014 n. 8606)

 

Un condomino può esercitare all’interno del proprio appartamento l’attività di affittacamere se il regolamento contrattuale vieta di adibire gli appartamenti privati ad uso diverso da quello di civile abitazione?

A questo quesito ha fornito una risposta affermativa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24707 del 20 novembre 2014, in cui veniva confermata l’interpretazione resa dalla Corte d’Appello di Roma secondo la quale lo svolgimento dell’attività di affittacamere all’interno di un appartamento privato non sarebbe di per sé incompatibile con la clausola del regolamento condominiale che preveda l’uso esclusivo delle singole unità immobiliari come privata abitazione, non essendo derivata dall’esercizio di tale attività alcuna modifica della destinazione d’uso delle singole unità immobiliari, non essendo ammissibile un’interpretazione estensiva del regolamento condominiale in questione che limitasse ai soli proprietari ed ai loro congiunti il godimento come civile abitazione degli appartamenti.

(Cass. Civ. sez. II, 20.11.2014 n. 24707)

 

E’ possibile per un condomino adibire a pizzeria/ristorante un appartamento sito al primo piano?

Sul punto si è pronunciata la Corte di Cassazione con sentenza n. 21307 depositata il 20 ottobre 2016 affermando che tale attività può essere intrapresa anche al primo piano (secondo fuori terra) dello stabile ove il regolamento condominiale dello stabile non lo vieti espressamente.

La pronuncia in questione aveva deciso in merito ad una causa promossa da un condomino proprietario di un immobile sito al primo piano di uno stabile, confinante con altra unità immobiliare, inizialmente ad uso esclusivamente abitativo, ma poi  adibita a ristorante/pizzeria, previo collegamento tramite una scala interna al locale commerciale di proprietà dei medesimi condomini, già adibito a ristorante/pizzeria. Il regolamento condominiale conteneva un articolo che testualmente recitava “I locali cantinati e i terranei potranno essere destinati ad autorimesse, a deposito, ad officina tecnicamente organizzata con rumorosità però da non superare i limiti consentiti dalle disposizioni di p.s. e comunale ed all’esercizio di qualsiasi attività commerciale, industriale, artistica e professionale, nonché ad uffici, senza alcuna limitazione”. Il Tribunale adito rigettava le domande attoree in quanto ritenendo che le previsioni indicate a tale articolo valessero esclusivamente per i piani terreno ed interrati e non fossero estensibili anche agli appartamenti siti ai piani superiori; la Corte d’Appello ribaltava la sentenza di primo grado ritenendo che la previsione di una specifica possibilità di utilizzo per gli appartamenti interrati ed al pianterreno significasse il divieto per i locali ai piani superiori di una destinazione diversa da quella abitativa.

I proprietari dell’unità immobiliare adibita a pizzeria impugnavano la sentenza della Corte d’appello e la Corte di Cassazione, chiamata a decidere della controversia, rilevava come, nel caso in esame, per individuare la regola prescritta dal regolamento contrattuale, non si può prescindere dall’univocità delle espressioni letterali utilizzate, non dovendo operarsi estensioni delle limitazioni al diritto di proprietà individuale, né dei beni assoggettati a dette limitazioni. Poiché dunque la clausola in questione si occupa unicamente delle limitazioni al diritto di proprietà dei locali interrati ed al pianterreno, in assenza di una chiara ed univoca volontà contrattuale esplicitata volta ad estendere detti limiti anche agli altri immobili, tale estensione non dovrà essere operata.

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